CONTROPIANO

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Giornale comunista

domenica 29 ottobre 2017

100° anniversario della Rivoluzione bolscevica d'Ottobre

ATTUALITA’ DELLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
A breve l’anniversario del centenario della Rivoluzione Socialista d’Ottobre, il più importante evento dello scorso secolo, una tappa centrale della storia del movimento comunista e operaio.
Sappiamo che le celebrazioni fini a se stesse, come tutti i rituali che non si pongono in connessione con la realtà concreta, non hanno alcun significato per chi si pone come obiettivo la liberazione dallo sfruttamento capitalistico e la trasformazione rivoluzionaria dell’esistente.Noi proletari rivoluzionari, impegnati nei vari fronti della lotta di classe, guardiamo dunque al centenario della Rivoluzione d’Ottobre non come una vuota giornata commemorativa, ma come un’occasione importate per capirne le ragioni di fondo e sempre valide, per estrarne le lezioni e le linee guida da seguire nelle lotte odierne, per favorire la presa di coscienza rivoluzionaria, sopratutto della classe operaia oggi divisa e spoliticizzata, e avanzare nella prospettiva rivoluzionaria.Le ragioni di ciò sono semplici ed evidenti.Oggi come ieri il capitalismo è sfruttamento bestiale degli operai e degli lavoratori oppressi. Oggi come ieri il capitalismo è miseria per tanti e ricchezze inaudite per un pugno di parassiti. Oggi come ieri il capitalismo è spoliazione economica e asservimento dei popoli. Oggi come ieri il capitalismo è reazione su tutta linea, sciovinismo, razzismo e fascismo. Oggi come ieri il capitalismo genera continuamente infami guerre di rapina.   
Per questo affermiamo l’attualità della Rivoluzione d’Ottobre, l’evento di carattere mondiale che ha confermato la validità della teoria e della tattica del movimento di emancipazione del proletariato, la necessità del Partito leninista e il ruolo delle masse nella storia, particolarmente della classe operaia, costruttrici della nuova società senza sfruttamento, con conquiste sociali impossibili nel capitalismo e un più elevato livello culturale e scientifico.
Per questo affermiamo che di fronte alla barbarie del capitalismo morente l’unica valida alternativa che la classe operaia e i popoli oppressi hanno è la rivoluzione socialista e l’instaurazione del potere proletario, mille volte più democratico della falsa democrazia borghese.

Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale (Tesi d'Aprile)

 Vladimir Lenin (1917) -
Scritto il 4 e 5 (17 e 18) aprile 1917. Pubblicato il 7 (20) aprile 1917 nella Pravda n° 26. Questo articolo, pubblicato il 7 aprile 1917 sulla Pravda, contiene le celebri Tesi di aprile di Lenin, che evidentemente furono redatte da lui durante il viaggio alla vigilia del suo rientro a Pietrogrado.
Lenin presentò le tesi il 4 (17) aprile in due riunioni: in un'assemblea di bolscevichi e in un'assemblea comune di bolscevichi e menscevichi delegati alla Conferenza dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia al Palazzo di Tauride.

Bibliografia minima
Storia della Russia sovietica IV: Le origini della pianificazione sovietica 1926-1929: 5. I partiti comunisti nel mondo capitalistico, 1980, Biblioteca di cultura storica

Storia della russia sovietica. III: Il socialismo in un solo paese 1924-1926. 2: La politica estera, 1969, Biblioteca di cultura storica  

Storia della Russia sovietica II: La morte di Lenin. L'interregno 1923-1924, 1965, Biblioteca di cultura storica


  • Di Edward H. Carr Einaudi ha pubblicato Storia della Russia sovietica: La rivoluzione bolscevica 1917-1923, La morte di Lenin. L'interregno 1923-1924, Il socialismo in un solo paese 1924-1926 (2 voll.), Le origini della pianificazione sovietica 1926-1929 (6 voll.); 1917. Illusioni e realtà della rivoluzione russa; La rivoluzione russa. Da Lenin a Stalin (1917-1929) 




    John Reed -Dieci giorni che sconvolsero il mondo

    Guido Carpi - Storia della letteratura russa. Vol. 1: Da Pietro il Grande alla rivoluzione d'Ottobre - Vol. 2: Dalla rivoluzione d’Ottobre a oggi

    La discussione che ha attraversato il partito bolscevico nell’aprile del 1917 svolse un ruolo decisivo nel corso degli avvenimenti che condussero alla Rivoluzione d’Ottobre.
    Come ha scritto Trotskij, nella sua monumentale Storia della Rivoluzione russa:
    “Il 3 aprile Lenin giungeva a Pietrogrado dall’emigrazione. Solo a partire da quel momento il partito bolscevico comincia a parlare a voce alta e, quel che più conta, con la sua voce.”
    Prima di allora il comitato di Pietrogrado e la Pravda, il giornale del partito, vacillavano, tergiversavano e mantenevano una linea conciliazionista con la borghesia, alla stregua degli altri partiti riformisti (menscevichi e socialrivoluzionari). La vicinanza di linea politica era tale che nel marzo, sotto la regia di Stalin, menscevichi e bolscevichi stavano avviando un processo di riunificazione.
    Difatto fino all’arrivo di Lenin il partito bolscevico si comportava come l’ala sinistra della democrazia borghese e considerava la borghesia, l’unica classe legittimata a guidare la rivoluzione (nonostante non avesse svolto alcun ruolo nelle giornate di febbraio).
    Va detto che questo atteggiamento non era condiviso da tutto il partito. Gli operai vedevano il governo provvisorio come un ostacolo sulla loro strada. Il comitato bolscevico di Vyborg (uno dei bastioni proletari di Pietrogrado) già a metà marzo aveva convocato un comizio di migliaia di operai rivendicando la presa del potere da parte dei Soviet operai e contadini. Ma il comitato di Pietrogrado imponeva il veto e gli operai di Vyborg si dovettero adeguare. Non a caso in quei giorni la Pravda, scriveva che: “il compito essenziale è… l’instaurazione di un regime repubblicano democratico”.
    Il giorno dopo il suo ritorno, nella giornata del 4 aprile, Lenin si mise immediatamente al lavoro e dopo aver rimbrottato Kamenev, per le posizioni della Pravda e la censura alle sue lettere scritte dalla Svizzera, illustrò le sue tesi a una riunione di partito e subito dopo a una a cui parteciparono anche i menscevichi. Le posizioni vennero accolte con stupore ed incredulità, come se fossero state partorite da un visionario.
    Lenin il giorno dopo le mise per iscritto e chiese al giornale di pubblicarle. Si tratta delle famose Tesi di Aprile.
    Un duro confronto politico divise il partito sulle Tesi. Lenin, inizialmente isolato, riusciva nel corso della polemica a convincere i suoi compagni che in Russia le condizioni erano mature per la rivoluzione socialista. Per farlo si basò principalmente sui sentimenti più profondi della classe operaia e della base bolscevica, che era molto più rivoluzionaria dei dirigenti, a partire dal comitato di Vyborg, i marinai di Kronstadt, le cellule all’interno dell’esercito.
    Ma in un primo momento al vertice, Lenin, a tal punto era isolato, che le Tesi vengono pubblicate il 7 aprile dalla Pravda solo con la sua firma, accompagnate da una nota critica della redazione (diretta da Stalin e Kamenev) che si dissociava dalle posizioni. L’8 aprile veniva pubblicato un articolo di Kamenev (I nostri disaccordi politici) che così argomentava: “per quanto riguarda lo schema generale del compagno Lenin, ci sembra inaccettabile nella misura in cui presenta come portata a termine la rivoluzione democratico-borghese e mira a una immediata trasformazione di questa rivoluzione in rivoluzione socialista.”
    La quasi totalità dei dirigenti bolscevichi erano rimasti legati a un vecchio schema elaborato nel 1905, la cosiddetta Dittatura democratica degli operai e dei contadini, che considerava il proletariato russo immaturo per guidare la rivoluzione socialista, per cui la lotta contro i retaggi feudali doveva mantenersi dentro i limiti di una rivoluzione borghese. Ma la realtà, e Lenin si curava della realtà più che delle formule, si era incaricata di mostrare che la borghesia russa non aveva alcuna volontà rivoluzionaria; si trattava di una classe debole e totalmente compromessa con il potere degli zar, che fin dal febbraio, invece di mettersi alla testa della rivoluzione, cospirava con la monarchia per condurla alla sconfitta e collaborava ai preparativi per un colpo di stato reazionario.
    Spettava così ai lavoratori, completare quel processo che essi stessi avevano aperto il 23 febbraio del ’17. Questo significava che oltre ai compiti classici della rivoluzione borghese (di cui il più importante era l’esproprio del latifondo e la distribuzione della terra ai contadini poveri) si dovevano affrontare anche i compiti iniziali della rivoluzione proletaria (nazionalizzazione dell’industria, del sistema bancario, dei trasporti e delle comunicazioni) ed assumere il potere statale attraverso i soviet operai e contadini..
    Lenin in questo periodo veniva accusato da molti dei suoi compagni di trotskismo perché in definitiva le Tesi di aprile sposavano alla perfezione la teoria della rivoluzione permanente di Trotskij. Non a caso il gruppo di Trotskij (Mezrajontsi) nel giro di poche settimane si unì al partito bolscevico per unificarsi formalmente e definitivamente nella conferenza del luglio del ’17.
    Se il partito si fosse mantenuto sulla posizione delle “due tappe” (prima la borghesia poi in un secondo momento non meglio precisato arriverà il turno degli operai) la rivoluzione sarebbe stata sconfitta, aprendo la strada a un golpe militare, che con ogni probabilità avrebbe goduto del sostegno dei liberali e delle altre forze della borghesia russa.
    I lavoratori, i contadini e i soldati rivoluzionari avrebbero pagato con un tributo di sangue gigantesco, ancora più grande di quello del febbraio, un errore politico, che solo il ritorno di Lenin in Russia riuscì ad impedire.
    Lenin, grazie alla sua autorità sui dirigenti del partito e a una lotta implacabile riuscì a capovolgere la linea convincendo i suoi compagni nel giro di pochissimo tempo, al punto che all’apertura della Conferenza di aprile la battaglia era già vinta.
    In altre parole dovette “riarmare” il partito dal punto di vista teorico.
    Nella Storia, Trotskij si domanda se la rivoluzione sarebbe risultata ugualmente vittoriosa se Lenin non fosse riuscito ad arrivare in Russia nell’aprile del ’17.
    Lasciamo che sia lui stesso a rispondere: “L’arrivo di Lenin non fece che accelerare il processo. La sua influenza personale abbreviò la crisi. Ma si può dire con certezza che il partito avrebbe trovato la sua strada anche senza di lui? Non oseremmo affermarlo in nessun modo. In questi casi, il tempo è il fattore decisivo, ed è difficile consultare a posteriori l’orologio della storia. Comunque il materialismo storico non ha niente in comune con il fatalismo. La crisi che la direzione opportunista doveva inevitabilmente provocare, senza Lenin avrebbe assunto un carattere eccezionalmente acuto e prolungato, mentre le condizioni della guerra e della rivoluzione non lasciavano al partito molto tempo per l’assolvimento del suo compito. Così non è affatto da escludere che il partito disorientato e scisso avrebbe potuto lasciarsi sfuggire l’occasione rivoluzionaria favorevole per molti anni. La funzione della personalità ci appare qui con dimensioni davvero gigantesche. Si tratta solo di comprenderla esattamente, considerando il singolo individuo come un anello della catena della storia”.


     


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