Il 21 Gennaio 1921: nasceva a Livorno
il Partito Comunista d'Italia
Una
grande vittoria del proletariato italiano!
Novantasei anni sono trascorsi dal giorno in cui i
delegati di 58.783 comunisti - la parte più avanzata e consapevole della classe
operaia del nostro paese – si separò dai socialisti e fondò nel Teatro San
Marco di Livorno il Partito Comunista d'Italia – Sezione dell'Internazionale
Comunista.
Fu una decisione di portata storica, che dette per la
prima volta alla classe operaia italiana il suo partito rivoluzionario, fondato
sui princìpi di Marx, Engels e Lenin e sulle basi ideologiche e organizzative stabilite
dalla Terza Internazionale.
Nei punti 2, 3 e 7 del
programma adottato dal nuovo Partito il netto distacco dal riformismo
socialdemocratico dei Turati e dei Treves e dall'inconcludente massimalismo dei
serratiani veniva espresso con la massima chiarezza:
“2. Gli attuali rapporti di produzione sono protetti
dal potere dello Stato borghese, che, fondato sul sistema rappresentativo della
democrazia, costituisce l'organo per la difesa degli interessi della classe
capitalistica.
3. Il proletariato non può infrangere né modificare il
sistema dei rapporti capitalistici di produzione da cui deriva il suo
sfruttamento, senza l'abbattimento violento del potere borghese.
7. La forma di rappresentanza politica dello Stato proletario
è il sistema dei consigli dei lavoratori (operai e contadini), già in atto
nella rivoluzione russa, inizio e prima stabile realizzazione della dittatura
del proletariato”.
Quattro mesi dopo Livorno, Antonio Gramsci così commentava
quelle decisioni congressuali in un articolo dell'Ordine Nuovo, dal
titolo tagliente e significativo:“Socialista o comunista?”:
“Credono i proletari che gli organismi della classe
borghese possano servire come organi di governo anche per la classe proletaria,
che essi possano servire a dare libertà e giustizia ai lavoratori, mentre sino
ad oggi sono serviti solo a dare ad essi schiavitù e tormenti? [… ] Bisogna
che il potere stesso passi ai lavoratori, ma essi non potranno mai averlo fino
a che essi si illudono di poterlo conquistare ed esercitare attraverso gli
organi dello Stato borghese.
… Occorre che dominatori di tutta la società diventino
gli operai, i contadini, i lavoratori di ogni categoria, che essi abbiano il
potere e lo esercitino attraverso istituti nuovi, i quali diano alla società
una nuova forma e una disciplina di ordine e di lavoro per tutti. Occorre
che ogni altra lotta sia subordinata a quella per la conquista del potere, per
la creazione del nuovo Stato, dello Stato degli operai e dei contadini” (13
maggio 1921).
Fu necessaria la scissione? Se, come osservò Gramsci in un
altro articolo, il non essere riusciti, i comunisti, a portare nel nuovo
Partito la maggioranza dei congressisti di Livorno giovò indubbiamente alle
forze reazionarie, non vi è dubbio che la nascita della Sezione italiana
dell'Internazionale Comunista fu un grande risultato storico, una grande
vittoria dei proletariato italiano. Per
quale ragione?
“Perché il Partito Socialista non era che un
amalgama di almeno tre partiti; è mancato in Italia nel 1919-20 un partito rivoluzionario ben
organizzato e deciso alla lotta. Da questa posizione di equilibrio instabile è
nata la forza del fascismo italiano, che si è organizzato e ha preso il potere
[…] Noi siamo persuasi che sia
condizione preliminare per iniziare la trasformazione dell'economia da
capitalista in socialista il possesso del governo, la rottura completa degli attuali rapporti politici, lo
schiacciamento fisico della reazione e della classe dominante. Il
processo di trasformazione sarà più o meno rapido a seconda dello sviluppo
delle forze economiche; esso può essere iniziato però in tutti i paesi
dell'Europa e dell'America e in una serie di paesi degli altri continenti; ma
può essere iniziato dopo la conquista del potere, in regime di dittatura del proletariato” (Gramsci,“L'Unità”,
26 settembre 1926).
E ancora: “L'occupazione
delle fabbriche non è stata dimenticata
dalle masse e non solo dalle
masse operaie, ma anche dalle masse
contadine. Essa è stata la prova generale della classe rivoluzionaria
italiana. [… ] Se il movimento è
fallito, la responsabilità non può essere addossata alla classe operaia come
tale, ma al Partito socialista, che venne meno ai suoi doveri, che
era incapace e inetto, che era alla coda della classe operaia e non alla
sua testa. [… ] Come classe, gli
operai italiani che occuparono le fabbriche si dimostrarono all'altezza dei
loro compiti e delle loro funzioni. Tutti i problemi che le necessità del
movimento posero loro da risolvere furono brillantemente risolti. Non poterono
risolvere i problemi dei rifornimenti e delle comunicazioni perché non
furono occupate le ferrovie e la flotta. Non poterono risolvere i
problemi finanziari perché non furono occupati gli istituti di credito
e le aziende commerciali. Non poterono risolvere i grandi problemi
nazionali e internazionali perché non conquistarono il potere di Stato. Questi
problemi avrebbero dovuto essere affrontati dal Partito socialista e dai
sindacati che invece capitolarono vergognosamente, pretestando l'immaturità
delle masse; in realtà i dirigenti erano immaturi e incapaci, non la classe. Perciò
avvenne la rottura di Livorno e si creò
un nuovo partito, il Partito comunista” (Gramsci, “L'Unità,”
1° ottobre 1926).

Di grande importanza per noi comunisti del XXI secolo è
anche il processo unitario che portò alla fondazione del nuovo
Partito negli anni Venti del secolo scorso. Come abbiamo ricordato su “Scintilla”
del dicembre scorso, concorsero alla nascita del P.C.d’I. compagni provenienti
da diverse esperienze di lotta che, nei convegni di Milano e di Imola del 1920,
seppero costruire insieme quella frazione comunista che si presentò
unitariamente a Livorno contro i riformisti e i serratiani.
Né va dimenticato l'importantissimo ruolo propulsivo
svolto da Lenin personalmente e dalla Terza Internazionale per incoraggiare i
comunisti italiani a rompere politicamente ed organizzativamente con le diverse
anime dell’opportunismo riformista.
Oggi, dopo l'affossamento di quel partito rivoluzionario
da parte del moderno revisionismo, del togliattiano cosiddetto “partito nuovo”
e della sua fallimentare “via pacifica e parlamentare al socialismo”, il
problema della costruzione del partito rivoluzionario, marxista-leninista,
della classe operaia è di nuovo
all'ordine del giorno.
Le ragioni che portarono alla costituzione del P.C.d’I.
nel 1921 sono più valide e attuali che mai! La gravità della crisi generale del
capitalismo, la situazione drammatica in cui la borghesia ha trascinato il
nostro paese, devono spingere tutti i sinceri comunisti, gli operai
d’avanguardia, le donne proletarie, i giovani rivoluzionari a moltiplicare gli
sforzi per la costruzione di una forte organizzazione politica indipendente e
rivoluzionaria della classe sfruttata, senza la quale non si può avere nessuna
prospettiva di abbattimento del barbaro e morente sistema capitalistico.
Il Partito comunista – reparto di avanguardia organizzato
e cosciente del proletariato - è lo strumento indispensabile per dirigere la
lotta del proletariato per la conquista del potere politico, l’instaurazione
della dittatura del proletariato e la costruzione della società pianificata dei
produttori, il socialismo!
Ogni organizzazione proletaria comunista lavora per questo Partito e invita tutte le compagne e i
compagni che condividono gli stessi principi e obiettivi a separarsi nettamente
e definitivamente col revisionismo, il riformismo e l’opportunismo, a
confrontarsi, cooperare e organizzarsi insieme per costruirlo!
Gennaio 2017